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Ci stiamo mangiando il futuro? Il peso dell’obesità sul mondo

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Aumenta il peso ma aumentano anche le malattie croniche e la spesa sanitaria

L’umanità sta ingrassando. E lo sta facendo in modo così rapido e diffuso che entro il 2050, il 60% degli adulti e un terzo dei bambini e adolescenti saranno sovrappeso o obesi. Tradotto in numeri: 3,8 miliardi di adulti e 746 milioni di giovani. Uno scenario che, secondo i dati pubblicati su The Lancet, rappresenta una minaccia sanitaria senza precedenti, con conseguenze devastanti sulla salute pubblica, sulle economie nazionali e sui sistemi sanitari già in affanno. Insomma, mentre ci preoccupiamo delle emergenze a breve termine, ci sfugge il fatto che ci stiamo letteralmente mangiando il futuro.

Dove l’obesità ha già piantato le radici

Negli ultimi trent’anni, la situazione è peggiorata a ritmi vertiginosi. I dati raccontano di un aumento più che raddoppiato dei casi di sovrappeso e obesità dal 1990 al 2021, con 2,11 miliardi di adulti e 493 milioni di bambini e adolescenti colpiti nel solo 2021. Ma il fenomeno non è omogeneo. Più della metà degli adulti in sovrappeso o obesi vive in soli otto paesi: Cina (402 milioni), India (180 milioni), Stati Uniti (172 milioni), Brasile (88 milioni), Russia (71 milioni), Messico (58 milioni), Indonesia (52 milioni) ed Egitto (41 milioni). L’obesità non è più un problema delle economie più avanzate, ma sta contagiando anche le nazioni emergenti, dove le abitudini alimentari stanno subendo una trasformazione radicale: meno cibo locale e fresco, più fast food, più zuccheri, più sedentarietà. Un mix esplosivo che sta creando intere generazioni di persone a rischio.

Se il dato sugli adulti è preoccupante, quello che riguarda i bambini e i giovani è allarmante. L’aumento dell’obesità infantile e adolescenziale sta superando il ritmo di crescita del sovrappeso, con picchi impressionanti previsti tra il 2022 e il 2030. I più colpiti? I bambini maschi tra i 5 e i 14 anni, con un tasso di obesità che supererà il 16,5% entro il 2050. Ma dove saranno concentrati questi aumenti? Due regioni primeggiano in questa triste classifica: Nord Africa e Medio Oriente, America Latina e Caraibi. E qui la questione si fa ancora più grave: il peso crescente dell’obesità sulle società di queste aree rischia di generare un impatto devastante sulla salute pubblica e sulle economie locali, già messe a dura prova da altri problemi strutturali.

L’effetto domino sulla salute e sull’economia

Ma cosa significa, in termini pratici, una popolazione mondiale sempre più in sovrappeso? Significa un aumento esponenziale delle malattie croniche: diabete di tipo 2, ipertensione, malattie cardiovascolari, tumori. Significa un’accelerazione della comparsa di queste patologie, che si manifestano in età sempre più giovane, con un impatto devastante sulla qualità della vita e sulle aspettative di sopravvivenza. E non si tratta solo di un problema medico: l’obesità incide pesantemente anche sulle economie nazionali.

Nel 2050, un quarto della popolazione obesa avrà più di 65 anni, aggravando ulteriormente il carico sui sistemi sanitari già in difficoltà. Il costo delle cure per le malattie collegate all’obesità è destinato a lievitare, con effetti a catena sui bilanci statali e sulle politiche sociali. Senza contare l’impatto sulla produttività: un lavoratore con problemi di obesità ha maggiori probabilità di soffrire di assenze per malattia, ridotta capacità lavorativa e, nei casi più gravi, disabilità permanente. Una bomba a orologeria pronta a esplodere.

Un fallimento sociale annunciato?

Secondo Emmanuela Gakidou, autrice principale dello studio pubblicato su The Lancet, ci troviamo di fronte a “una profonda tragedia e un enorme fallimento sociale”. Un giudizio netto, ma inevitabile, se consideriamo che i governi e le istituzioni sanitarie hanno per anni sottovalutato il problema, concentrandosi su strategie inefficaci o del tutto inesistenti. Le generazioni più recenti ingrassano più rapidamente rispetto al passato, e le cause sono note: alimentazione scorretta, ambienti obesogeni, politiche deboli e un marketing aggressivo dei cibi spazzatura.

Jessica Kerr, co-autrice dello studio, sottolinea che siamo ancora in tempo per invertire la rotta, ma servono azioni concrete e immediate. I bambini e gli adolescenti in sovrappeso di oggi sono a un passo dal diventare adulti obesi domani: prevenire questa transizione è essenziale per evitare danni irreversibili. Secondo Kerr, gli interventi devono essere su più livelli: educazione alimentare, regolamentazione del mercato, promozione dell’attività fisica e, soprattutto, un cambio di paradigma culturale. L’obesità non è una colpa individuale, ma il risultato di un sistema che favorisce scelte alimentari sbagliate e stili di vita sedentari.

Le soluzioni che non possiamo più rimandare

Gli esperti propongono piani d’azione quinquennali, da attuare entro il 2030, per frenare la corsa verso l’obesità globale. Tra le misure più urgenti troviamo:

tassazione sulle bevande zuccherate e sui cibi ultra-processati;
regolamentazione della pubblicità di prodotti non salutari destinati ai bambini;
incentivi per un’alimentazione sana nelle scuole e nei luoghi di lavoro;
maggiore accesso a spazi per l’attività fisica e alla mobilità sostenibile;
supporto medico e psicologico per chi già soffre di obesità.
In Europa, il presidente dell’European Association for the Study of Obesity, Volkan Yumuk, avverte che “le vecchie strategie hanno fallito” e che è necessario un cambio di prospettiva. Basta stigmatizzare e colpevolizzare le persone obese: l’obesità è una malattia complessa con basi genetiche, neurobiologiche e metaboliche, e va trattata come tale.

15 Marzo
Autore
Chiara Dicoben

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