Quell’altro Paese globalizzato meta di Trump
L'eurodeputato danese Vistisen sulla question dell'annessione della Groenlandia avanzata da Trump invita il presidente americano ad andare letteralmente affanculo.
C’è un posto che Donald Trump non aveva ancora contemplato nel massimo momento suo orgasmo presidenziale. Dopo aver avanzato richieste da Risiko nei confronti di Panama, Canada e Groenlandia più cambiamenti di nomi sempre in ambito geografico (Golfo d’America al posto di Golfo del Messico), il neopresidente americano ha subìto la proposta di annettersi una meta poco ambita ma sempre affollata, ‘quel paese’ cantato veracemente da un istrionico Alberto Sordi in una storica puntata del festival di Sanremo datato 1981 quando conquistò lo Stivale con ‘E va’ e va’. Posto inflazionato, più che gettonato, Trump nella giornata di ieri è stato letteralmente mandato a quel paese nella sua lingua originale –l’inglese, a scanso di equivoci- da parte dell’eurodeputato danese Anders Vistisen, che in maniera diplomatica è intervenuto nell’aula di Strasburgo con un discorso profetico: “Caro presidente Trump, ascolti con molta attenzione. La Groenlandia fa parte del nostro paese da 800 anni. Non è in vendita. Lasci che lo dica in parole che può capire: signor Trump, fuck off!”. Insomma, da un politico che occupa uno scranno alto ci si aspetterebbe un lessico più curato, energico sì ma che non scada al livello di uno slang lanciato da un portuale di Copenaghen che sacramenta perché è stato licenziato un minuto fa e la moglie l’ha mollato due minuti prima. Ma tant’è, il livello questo è. Del resto linguaggio chiama linguaggio e Trump probabilmente la grammatica politica non la digerisce affatto. Quindi, raccogliendo l’invito del feroce vikingo Vistisen, caro presidente Trump canti insieme a noi “sapessi quanta gente che ce stà/Er primo cittadino è amico mio/tu dije che te c’ho mannato io/e và, e và” e via sfanculando.
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